venerdì 30 novembre 2012

Chiara Chi?

Rientro in terra eugubina, dopo quasi un mese di assenza.
Tornare a casa mi fa sempre uno strano effetto. Da una parte c'è la gioia di rivedere la mia famiglia, il mio cane, i miei vecchi amici. Dall'altra percepisco sempre una sorta di amarezza di fondo, passati due o tre giorni. Questa è casa, la mia città natale, ma non è così che la sento. Non sono stata felice qui, o per meglio dire non sono stata felice come lo sono ora a Forlì. Nonostante gli impegni, la nostalgia, i disagi e i problemi di ogni giorno, Forlì è il mio posto. E' lì che voglio stare, è lì che sto bene. E' l'unico posto in cui riesco ad essere me stessa al 100%. O comunque, la miglior versione di me stessa. Il Dr. Jekyll della situazione.

Mi sono spesso chiesta come fosse possibile. D'altronde, non è che io abbia fatto una mossa che tutti farebbero. Io ho scelto di mia volontà di lasciare l'Umbria e le sue colline, Gubbio e i suoi scorci medievali, gli eugubini e la loro mentalità ristretta (salvo illustri eccezioni, chiaramente). Sono partita da sola, senza amici, senza agganci di alcun tipo, sono andata a vivere con due complete estranee e mi sono inserita in un ambiente fresco, nuovo, diverso. Il mio ambiente. In mezzo a coloro che ora, per me, sono una seconda famiglia. E non c'è giorno in cui io non sia felice di questo salto nel vuoto, di questa passeggiata bendata tra le fiamme, durante la quale il mio unico sostegno ero io.
Compiendo questa scelta, ho scoperto una parte di me che credevo estinta, un lato che ho tenuto per tanto tempo imbavagliato nella cantina del mio corpo, incatenato saldamente alla parete dello stomaco. Ho scoperto una Chiara rilassata, sorridente, socievole, una Chiara che vagava per l'Aula Magna cambiando sempre posto per parlare con persone nuove, senza il timore di essere giudicata a priori e incurante dell'opinione che gli altri potevano avere di lei, intenzionata in ogni caso a mostrarsi al meglio.
Questa Chiara ha stretto relazioni in pochissimo tempo, alcune più strette, alcune limitate a saluti gentili e scambi di frasi convenzionali.
Questa Chiara è stata apprezzata molto più di quanto fosse mai accaduto nei 18 anni di vita precedenti.
Questa Chiara è la Chiara che volevo, e che voglio, essere.

Da tre anni, dal mio trasferimento a Forlì, ogni volta che torno a Gubbio cerco di portarla con me, la porto in giro, ma lei si chiude nella vecchia cantinetta, come avesse timore del mondo. Non è legata, quindi una parte della Chiara forlivese riesce a venire fuori ogni tanto. Tuttavia, continua ad imporsi la Chiara del passato, la Chiara taciturna, scontrosa, facile alle lacrime e spesso di cattivo umore. La Chiara che, per forza di cose, non è riuscita a farsi apprezzare a Gubbio, la Chiara che tutti snobbavano perchè troppo sfigata/troppo solitaria/troppo poco interessante.
Non sarà il giorno del mio matrimonio, non sarà il giorno della mia laurea, non sarà il primo giorno di lavoro quello in cui mi sentirò veramente realizzata. Ma sarà il giorno in cui riuscirò a far sì che queste due versioni di me stessa riescano a convivere in pace, in armonia, creando una me ancora diversa, una Chiara 3.0 che abbia tutto ciò che amo delle prime due versioni.

Dicono che tutto quello che ci accade contribuisce alla formazione di noi stessi, che siamo il risultato di ciò che ci viene fatto; io credo non ci sia nulla di più vero. Sarei stata una persona diversa se fossi nata e cresciuta in un ambiente diverso, con persone diverse, in modo diverso.
Ma non sarei io. Non sarei Chiara. Non sarei questa, non conoscerei certe persone e non avrei commesso certi errori/non avrei compiuto certe scelte che mi hanno portata ad essere quella che sono ora.
Una personcina particolare, credo.

mercoledì 21 novembre 2012

Fissazioni fisse

Quante volte, nell'arco di una vita, ci escono di bocca parole come "Sto in fissa per..."?
A me escono spesso, con cadenza mensile/bimensile/annuale, fin da quando ero una bimbetta sdentata con le treccine e lo scamiciato a quadrettoni rossi.

Tra le fissazioni che hanno caratterizzato la mia vita, alcune hanno avuto una lunga e florida vita, altre sono sopravvissute per un breve periodo per poi lasciare spazio ad altro.


  • RED HOT CHILI PEPPERS: nel 2007 ho assistito al mio primissimo concerto senza genitori, a Udine. Il gruppo funk americano mi piaceva già da un po', conoscevo diverse canzoni e amavo segretamente Anthony Kiedis. Anzi, neanche troppo segretamente.
    Dopo il concerto, il sentimento è cresciuto in misura esponenziale. Il mio i-pod è stato riempito dalla loro discografia, inediti e b-sides compresi, ho letto avidamente qualsiasi cosa mi capitasse riguardante la storia della band e dei componenti, un libro con i testi delle loro canzoni è spuntato sotto l'albero il Natale successivo, ho girato per casa cantando "Sir Psycho Sexy" a squarciagola sotto gli sguardi terrorizzati dei miei parenti. Io e una mia amica abbiamo più volte fantasticato su un futuro concerto, in cui io e lei saltiamo sul palco in qualche modo (conversazione origliata e male interpretata da mia madre, peraltro. Bei momenti.)
    Insomma. Un amore incondizionato, che sopravvive nonostante la nostalgia per John Frusciante e i suoi coretti.
  • MACCHIE: disegnare macchie mi rilassa come null'altro. Grandi, piccole, inclinate o perfettamente simmetriche, il pennarello in mano mia diventa un pennello e disegna una chiazza, come quelle dei cartoni animanti. Cinque "punte" arrotondate, larghe, colorate con una precisione maniacale. Il risultato è quasi una stampa. I miei quaderni delle medie e delle superiori sono pieni di queste simpatiche immagini, insieme a peni sorridenti o sconvolti e a qualche esercizio di matematica.
  • LINGUA INGLESE: o la ami o la odi. Affascinantissima, musicale e fluida, l'inglese ha su di me un grande effetto da sempre. Da piccolissima non c'era verso di farmi addormentare, se non mettendo su il "Best of" dei Queen e attendendo con pazienza fino alla quarta/quinta traccia. All'età di quattro anni correggevo i testi che mio fratello diciassettenne scriveva ascoltando le canzoni dei suoi idoli, e avevo sempre e comunque ragione. Ora la mia passione per questa lingua mi porta ad essere spesso cercata per traduzioni, aiuto e pronuncia. Viva la modestia.
  • DISCORSI CHE MAI AVVERRANNO: alias giochi di ruolo in cui sono l'unica a giocare. Nei momenti di solitudine, mi divertivo moltissimo a creare nella mia mente situazioni a caso con persone a caso, in cui le cose si evolvevano sempre come nelle migliori puntate delle migliori serie tv americane (non sono mai arrivata ai livelli delle telenovelas, deo gratias): per esempio, baci rubati con una certa veemenza che si concludono con una clamorosa sberla e una frase tipo "Brucerei tra le fiamme dell'inferno piuttosto che cedere a te!". Una cosa alla Chuck e Blair da Gossip Girl insomma.
  • VIDEOCLIP PERSONALI: spero di non essere l'unica a rimanere spesso delusa dai videoclip delle canzoni. Dai, certe volte capita che per una canzone d'amore scelgano di fare un video in cui quattro hawaiane ballano la hula alle pendici di un vulcano. Sicchè la mia mente inizia a lavorare e inventa scenette bucoliche molto più pertinenti. Ah, ovviamente la protagonista sono sempre io.
  • DIALOGHI CON GLI ANIMALI: nella loro lingua, ovviamente. Discorsi serissimi, quasi filosofici, occhi negli occhi con cani, gatti, criceti, qualunque bestiola dotata di orecchie abbastanza fine da capire che quei versi spasmodici, quei lamenti soffocati venivano da me, erano un vano tentativo di adattarmi al loro livello. Ho smesso quando mio fratello mi ha scoperta in un dialogo sulla sterilizzazione con la mia gatta. Tre mesi fa.
  • THESIMS: conoscete tutti questo videogioco, questo "simulatore di vita"? Ecco, dai 13 anni è la mia passione. Mi diverte avere un potere simile sui personaggi del gioco, mi fa sentire Dio. Decido delle loro vite, della loro morte, perfino dei loro gusti. La maggior parte delle volte muoiono di morti atroci. Che volete, sono un Dio implacabile.
  • PESO: ho intenzione di fare un post sull'argomento, quindi non mi dilungo troppo. Fatto sta che, per varie ragioni, la questione del peso ha sempre caratterizzato la mia vita. O quantomeno tutta la mia adolescenza. Bilancia, dieta, misure, carboidrati, grassi idrogenati...ho sentito più spesso queste parole, rispetto a "ti voglio bene".

BEH, that's it.
Ovviamente ce ne sono altre, più imbarazzanti o meno imbarazzanti, ma al momento non mi va di condividerle. Lo sputtanamento virtuale deve essere graduale, altrimenti che gusto c'è?!

domenica 18 novembre 2012

Titoli a caso per pagine a caso

Io non sono brava a scrivere. Non l'ho mai fatto.
Cioè, sì l'ho fatto, in gioventù ho scritto storielle che avevano per protagonista una rana, ho iniziato "romanzi" adolescenziali che iniziavano con un lungo, smielatissimo flashback.

Ma non ho mai avuto un blog, o un diario, se non da piccola, quando ero convinta che io ed Emma Watson fossimo state separate alla nascita. C'è da dire che me la credevo un bel po' all'epoca.

Beh, adesso sono qua. Chissà se scriverò mai un altro post, o se abbandonerò questa pagina a se stessa.
"Tomato soup". Con un titolo del genere, chissà che caspio voglio fare.

Perchè questo titolo? Beh, sapete, io adoro Andy Warhol, la sua è una forma d'arte così personale ed estrosa che non ho potuto non dedicargli il mio blog...

Puttanate. Per quanto apprezzi la pop art, i miei respiri diventano sospiri soltanto di fronte alla pittura olandese o agli impressionisti. Semplicemente, blogger.com mi ha messa in ansia dicendo che dovevo trovare un titolo e un indirizzo per il mio blog, e mentre i miei pensieri si rincorrevano lo sguardo mi è caduto su una riproduzione di un quadro della Warhol Collection. Presente? Il barattolo di pomodoro condensato Campbell's. Ecco spiegato il titolo.
Non è adorabile?! Dai, ditelo: pure voi, con un'opera del genere vicino, avreste dato questo titolo al vostro blog, o al vostro cane, o alla vostra capra.
...e va bene, non ditelo. Però sappiate che siete molto poco originali. Io sono originale.
Nel senso che mi impegno a non scrivere fandonie in questo mondo solo perchè potrei essere chiunque. Sarò me. Quando e se avrò tempo, e voglia. Parlerò di quello che mi capita, di quello che cattura la mia attenzione, di quello che mi colpisce nel bene e nel male. Scriverò recensioni, criticherò film, osannerò artisti e musicisti. Userò parole altisonanti per fare colpo su di voi, e parole complicate per infastidirvi.


Insomma farò quel che diamine mi pare.